lunedì 10 dicembre 2012

Lettera ad un curriculum sbagliato

Piccola, doverosa premessa: sono una persona un po' dispersiva. Sono una che cento ne pensa e mezza ne fa (ma giuro, voglio smettere). Quindi, ho voluto tenere in vita questo blog pur non postando più, con l'idea di dedicarmi ad un progetto "gemello", ossia il mio blog su Ctzen "Le faremo sapere". Risultato: non ho più scritto né qui e né lì. E ciò non va bene. Quindi ho pensato di fare così: userò il caro vecchio caustico B-lowjob in maniera più "personale", scrivendo soprattutto di esperienze mie, di riflessioni sui temi caldi legati al mondo del lavoro come dei brevi editoriali di cui nessuno sentiva il bisogno, aggiungendo di tanto in tanto qualche gag per non rendere il tutto troppo noioso. Sull'altro blog proverò a scrivere cose ugualmente interessanti ma diverse - perché duplicare i contenuti non si può né avrebbe senso. Continuerò ovviamente ad indirizzare i miei strali, le mie maledizioni voodoo ed i miei anatemi contro i fautori di annunci di lavoro indecenti, sia qui, che lì, che su facebook, che nella vita, insomma ovunque. Potessi, andrei ad appostarmi sotto le abitazioni di quelli che scrivono e diffondono certi annunci per far loro gli scherzi al citofono, giusto per farvi capire quanto possano essere serie le mie intenzioni. Detto questo, andiamo al dunque. 


Lettera ad un curriculum sbagliato


Non hai avuto vita facile né lunga: sei un curriculum sbagliato, nato da poco e già destinato al macero. Non mi ero presa gran cura degli altri miei curriculum in passato, sono stata una genitrice sbadata. Qualche anno fa chi ti ha preceduto era un semplice foglio con su scritti nome, cognome, e che ero una studentessa. Qualche rigo sulle attitudini personali, senza prendermi troppo sul serio. Un bel giorno mi hanno chiesto di sostituire quel foglio con un cv in formato europeo, quello vituperato, quello terribilmente fuori luogo, quello che non rischiatevi a presentarvi con quello perché vi fanno subito fuori. E l'ho fatto. Con quello ho macinato parecchi chilometri, ho fatto alcuni colloqui (non tantissimi, sia mai), l'ho aggiornato periodicamente e l'ho tenuto buono pensando che in fondo potesse andare bene così. Non saprei dire se a causa di quel curriculum, della sua forma e non del suo contenuto intendo, sia stata esclusa senza pietà nel corso delle selezioni per un posto di lavoro. Ma tant'è: anche l'aspetto conta e quindi, tabula rasa. Dovevo pensare a qualcosa di nuovo, dovevo pensare a te. Da brava giornalista (sì, mi sto arbitrariamente attribuendo queste due qualifiche), mi è anche capitato di spiegare ciò che in realtà non sapevo, occupandomi dei cv creativi e di quanto fosse importante creare un documento assolutamente originale e fantasioso in modo da colpire l'attenzione. Ho iniziato a guardare certi curriculum fatti da altri, per prendere ispirazione. Tuttavia volevo realizzare qualcosa di unico, non necessariamente bellissimo, purché fosse diverso dagli altri. Ho impiegato alcuni giorni a crearti, a pensarti, a realizzarti con gli strumenti a mia disposizione. Poi, ti ho creato, ti ho letto e riletto, sistemato, sottoposto al vaglio di alcuni amici fidati. Poi ti ho letto altre settantatré volte circa, e riesaminato, e sistemato una virgola qui, un grassetto lì. Il risultato era soddisfacente? Non molto, ma rispetto al formato europeo di passi avanti ne abbiamo fatti. E quindi, ti ho portato in copisteria per farti stampare. 
Vado sempre alla stessa copisteria: è vicino casa, chi ci lavora è gentile e mi fa sempre uno sconticino, addirittura si mette a fare due chiacchiere disinteressate. Forse faccio anche un po' tenerezza perché sono già andata un sei-sette volte a stampare il cv. 

«Signorina, ma è sicura di voler stampare a colori? Guardi che costa di più, eh! Lo dico contro il mio interesse, eh!»
«Guardi, spendo qualche euro oggi per guadagnarne un migliaio domani» - dico anch'io contro il mio interesse, eh. 
«Va beh. Ma perché non ha messo la foto? Peccato». 
Il signore delle fotocopie manda il file in stampa, lo pinza con cura, lo mette con delicatezza dentro una busta da plico, mi guarda un po' dubbioso. «Dai, facciamo quattro euro, sconto studenti. E tanta buona fortuna, signorina, eh!».

Ma cosa vuoi che siano quattro euro per due copie di te, del mio piccolo, fantastico curriculum nuovo di zecca con il suo design minimal ed elegante, con le rifiniture indaco scuro, con tutte le informazioni al suo posto? Non sei perfetto, ma ti voglio comunque bene. Con te, farò certamente belle figura. Altro che il formato europeo. Non ti terrò dentro un cassetto: voglio subito sfoggiarti, mandarti in giro, farti vedere come si sta al mondo. Così, con la scusa di dover cercare lavoro - perché sì, sto cercando lavoro, lo dico sebbene mi sia stato consigliato di fingermi occupata anche se non è vero perché «se vedono che siete disoccupati non vi prendono» (una scena fantastica, provate ad immaginare il selezionatore che guarda il cv e taglia via tutti quei poveri stronzi che hanno scritto di essere in cerca di occupazione, disponibili da subito, da prima di subito, se esistesse la macchina del tempo disponibili anche tre mesi fa, a tempo pieno a tempo vuoto a tempo perso, tutto il dì, a qualsiasi ora del giorno e della notte, se li chiami si materializzano all'istante - ed hanno sbagliato tutto. Immaginateveli! Fatto? Bravi. Ora immaginatevi il coro di bestemmie che fioccano all'unisono. Ve l'avevo detto, che è una bella immagine) - dicevo, con la scusa di cercare lavoro, inizio a mandare te, piccolo curriculum senza Cepu, a qualche fortunatissimo selezionatore. Che aprirà il file e penserà che è un bel curriculum, almeno diverso dagli altri! Ah, che bellezza. Insomma, ti lascio spiccare il volo per la prima volta, un po' commossa. Penso che questa sia la volta buona, che le risposte arriveranno. 

Piccolo, dolce curriculum con gli inserti indaco, non so se avrò il coraggio di spiegarti tutto con calma. Per me eri perfetto e lo eri anche per (quasi) tutti quelli che l'hanno visionato, nonostante piccole imperfezioni, niente di grave. Il punto è che io sono, a volte, un po' distratta. Tengo a specificare: sono distratta a livello macro. Sono la classica persona che nota i dettagli più piccoli, poi però si fa sfuggire cose enormi, importanti. Tipo che noto la fibbia delle scarpe di una persona, salvo omettere che questa persona sta levitando, rapita dagli alieni.

È sempre stato così, spero tu possa capire. Quindi come dirti che ho dimenticato di inserire la mia maledettissima data di nascita all'atto della tua compilazione? Ecco, te l'ho detto. Non so come sia stato possibile: probabilmente sei sparito per un brutto sporco e losco affare di formattazione. Il mio cervello, che già funziona così così, ha saltato a piè pari il problema durante i controlli meticolosi, ed ecco fatto il patatrac. Oh, è successo, mea culpa. Almeno adesso posso spiegarmi così le risposte che non arrivano. Arriverà presto un fratellino, devo dirtelo. Sarà simile a te, ma avrà la decenza di essere più completo. Arriverà assieme ad una nidiata di curriculum alternativi, creativi, volitivi, impegnativi. Ma tu mi hai insegnato qualcosa di importante e prezioso, un monito che di cui d'ora in poi farò per sempre tesoro:

«STAI PIÙ ATTENTA, RINCOGLIONITA!»




lunedì 12 marzo 2012

Oh I, oh, I'm still alive

Hey, sono ancora viva. Ma ora ho un nuovo blog, ho un doppio blow job se vogliamo, dedicato al non lavoro e agli annunci merdosi. Quindi non mi sono dedicata con assiduità a questo, spero di riparare presto. Intanto mi spammo da sola e ve lo segnalo: date un'occhiata se vi va. http://blog.ctzen.it/lefaremosapere/

mercoledì 1 febbraio 2012

Tutto il mondo è paese, più o meno.

Elenco di sottotitoli per questo post (non so sceglierne uno):

  • Dalla Svezia con stupore.
  • La meritocrazia esiste, ma nessuno ci crede più, tipo la magia del Natale.
  • Dai, dai che ce la fai!
Circa dieci giorni fa (sono stata negligente, mea culpa: ma ho ottime ragioni) è arrivata una mail più che gradita. Una testimonianza, una di quelle coi fiocchi. Mi sono arrivate un bel po' di mail, ogni volta rimango stupita, ogni volta mi emoziono. "Qualcuno mi legge, qualcuno apprezza, chebbbello!". I complimenti si sprecano. Il 30% delle volte però si tratta di qualche azienda che vorrebbe farsi pubblicità attraverso il mio blog. NON VE NE FACCIO PUBBLICITÀ, CAPITO? Dicevamo.

A scrivere una bella mail che ha suscitato in me una grande curiosità (ed alcune riflessioni) è Sascha, una ragazza bella, brava ed intraprendente, che ha studiato e girato un bel po' prima di trovare "la sua dimensione". Gestisce un bel blog, "Coffee and heels", che seguo con piacere pur non essendo esattamente un'esperta o appassionata di moda. È nata in Russia e cresciuta in Svezia, a Stoccolma. Si è spostata più volte, prima a Los Angeles per un breve periodo, poi di nuovo in Svezia e poi, toh, è venuta qui in Italia. Ha studiato moda a Firenze ed è anche stata a Milano (tappa obbligata nella vita di chiunque, a quanto pare). Insomma, si è data da fare ed il suo impegno, il suo talento, sono stati ricompensati: adesso lavora! Ma come mi ha scritto lei stessa, al momento lavora come "web editor in una multinazionale di e-commerce di moda. Peró la strada per arrivarci é stata tutt'altro che facile!". Se l'unico scoglio fosse la facilità, forse sarebbe un mondo migliore. Ad ogni modo, ecco a voi le due simpatiche disavventure accorse a Sascha (in Italia) e alcune domande e risposte sul sistema lavorativo svedese. Stupore annesso e connesso.

Storia sfortunata nr 1

"Avevo trovato un annuncio per "Responsabile Showroom" e ho pensato: veramente io voglio scrivere, ma nel frattempo, uno showroom non é male. Tanto per non morire di fame. E farmi magari un po' di contatti.
Arrivo, é uno showroom di arredamento, molto bello, in centro a Milano. Mi accoglie una dei proprietari. Le solite domande, studi, lingue, esperienze.Mi chiede se io ho delle domande. Io chiedo, naturalmente, (tra l'altro) del tipo di contratto e della retribuzione.
La risposta: dopo i primi tre mesi, da 1000 a 1200 euro mensili (...quindi...? sono 1000 o 1200? E soprattutto da cosa dipende?), peró i primi tre mesi sono "stage con rimborso spese".
Insisto per sapere a quanto ammonta il rimborso spese. Risposta: "sui trecento, trecentocinquanta euro, beh, sulla carta, il resto te lo diamo in mano "cosí", mica siamo cattivi, noi." Ah.
E come mai si inizia con tre mesi di stage? Risposta: "é una prova, dobbiamo sapere se la persona va bene". Mi pento di non aver chiesto se avessero mai sentito parlare dei contratti a tempo determinato (retribuiti), la modalitá di prova che ho visto utilizzare in tutti i miei precedenti posti di lavoro, in Italia e all'estero...forse ho dimenticato di dire che la figura che cercavano era una responsabile a tutti gli effetti, una persona che gestisse da sola, in totale autonomia, tutto lo showroom. In stage. A "trecento, trecentocinquanta" euro al mese. Beh, sulla carta, naturalmente. Mica siamo cattivi".

Storia sfortunata nr 2

"Trovo, di nuovo, un annuncio per "showroom moda." Mi presento alla sede del colloquio, é un'agenzia, il che giá non é un buon segno (mi dite che motivo hanno di esistere, le agenzie di lavoro?). La selezionatrice porta le infradito e parla con la velocitá della luce, sembra essersi appena fatta tre-quattro strisce di coca. Squadra il mio CV e mi fa: "beh peró il tuo curriculum, devo dire, é un po' troppo "moda".
Viene fuori la veritá: il colloquio é per il ruolo di COMMESSA PER UN NOTO OPERATORE TELEFONICO.
Altro che showroom moda.
Mentre io rimango lí incredula, la selezionatrice va avanti a istruirmi su come comportarmi all'incontro con l'azienda: dovrei far davvero credere che sono del tutto intenzionata ad abbandonare il mondo della moda. Io, che mi sono presentata al colloquio solo perché l'annuncio si chiamava "responsabile vendite showroom moda.".

A questo punto ho chiesto alla selezionatrice se magari c'é qualcosa un po' piú idoneo al mio profilo professionale. Ha risposto che veramente qualcosa ce l'avrebbero: uno stage in uno showroom di moda, per una campagna vendita di due mesi. DUE MESI. Dice che inoltrerá il mio curriculum e "se tutto va a buon fine" dovrei incontrare l'azienda fra due settimane, giusto quando ho in programma il viaggio del mio compleanno - i miei unici cinque giorni di mare in tutta l'estate. Ho chiesto se si potesse anticipare o posticipare il colloquio, dato che ho giá prenotato un viaggio. La risposta é stata: "ah ma questo viaggio...non si puó cancellare?"
Quindi fammi capire. Io dovrei cancellare la mia unica settimana di vacanza, del mio compleanno, perdendo un sacco di soldi e lasciando i miei amici nella cacca, per la POSSIBILITÀ di fare, "se tutto va a buon fine", un colloquio per uno STAGE di due mesi (dopo di cui sono di nuovo disoccupata) per fare la commessa? Ho detto "le faró sapere", quando in realtá dovrei dire, "é giá tanto che non le tiro la mia scarpa in testa".

Mi dispiace solo che in questi casi, quando questi personaggi mi capitano di fronte, sono talmente scioccata che rimango senza parole, e non riesco mai a rispondere come dovrei!

Però a questo punto mi sono un po' incuriosita. Quindi chiedo a Sascha se posso essere indiscreta a rivolgerle alcune domande:

D: Potresti accennare una sorta di "parallelo" tra il sistema italiano e quello svedese, relativamente alla ricerca di lavoro? Anche lì avete a che fare con gli eterni stage assassini, con i fantomatici periodi di prova non retribuiti, con le raccomandazioni anche per fare la commessa e compagnia bella?

Il sistema svedese, direi, non é malissimo: gli stage non retribuiti esistono, ma si puó percepire un contributo statale (minimo eh, non é come avere uno stipendio) tipo la disoccupazione, mentre lo fai. Tanti posti peró non ammettono stagisti se non provenienti da un'universitá (cioé uno stage obbligatorio per il diploma). Esiste un minimo sindacale di stipendio (se non sbaglio completamente sono 1700 euro lordi) e secondo la mia esperienza (questo NON é un dato statistico) un laureato prende in media sui 2000 euro. Io guadagnavo 2200 euro netti al mese per un lavoro ORRIBILE dove non tornerei neanche sotto tortura. Non esiste il "lavoro non retribuito" e collaborazioni gratuite: la gente non le accetterebbe. Io da giornalista freelance con la mia partita iva fatturavo sui 200 euro lordi a pagina. Peró praticamente la metá di tutto ció va in tasse, che lí sono davvero alte.

Altre assurditá che mi é capitato di vedere qui in Italia (stage per fare la commessa, posizioni da responsabili non pagate, stagisti che fanno la formazione ad altri stagisti) immagino che esistano ma personalmente non ne ho mai visto né sentito e soppongo che siano davvero rare.

Peró una cosa é certa: trovare un lavoro in Svezia é veramente UN'IMPRESA. È lunga, durissima e ogni tanto sembra di sbattere la testa contro il muro. Regna insuperato il sistema di "abbiamo bisogno di assumere una persona: chiamiamo un nostro amico/parente". TUTTO si fa tramite conoscenze: durante il mio stage presso una nota rivista internazionale di moda, ho chiesto alla fashion editor come fare ad avere un lavoro come il suo. Mi ha risposto con un elenco delle discoteche che dovrei iniziare a frequentare "perché lí fai amicizia con le persone che ti possono aiutare." No comment.


Hai capito, la terra di "mamma Ikea"? Certo, mi vien da pensare che certe cadute di stile avvengano più facilmente nel mondo della moda, che è un po' stronzo di suo, perché la moda è selettiva, perché voi non valete proprio nulla. Non sia mai che noi italiani si debba rinunciare all'idea che andare all'estero sia l'unica soluzione.


PS: Sono stata assente per un po' e ho un bel po' di post arretrati da sottoporre alla vostra graziosa attenzione. E anche alcune (si spera) succulente novità. Dovrei solo attivare i neuroni, impresa invero difficile. Stay tuned!

venerdì 20 gennaio 2012

Ma ve l'ha detto il medico?

Premessa: questo blog è (e vorrebbe essere) aperto alle testimonianze dei lettori. Testimonianze da verificare o da prendere in quanto tali (racconto da parte di un singolo), ma che purtroppo stentano ad arrivare. Molti si limitano a dire "eeeh sapessi quante ne sono successe a me", però poi non se la sentono di raccontare il tutto (anche anonimamente, chiaro) in modo che io possa pubblicarlo qui. Mi rendo conto che questo blog non è "Le Iene" o "Striscia la Notizia" (e ne sono felice) e mi rendo anche conto del fatto che sia difficile parlare di sé ed esporsi. Per questo motivo sono costretta a parlare di me e delle mie esperienze, per quanto non ami l'idea di far diventare questo blog un serbatoio dei miei piagnistei: per quello ci sono già il bagno del mio monolocale ed il mio account di facebook. Ma comunque.

Oggi scriverò una riflessione ottusa e provocatoria, conforme alla mia persona. Eviterò di scendere nei dettagli per varie ragioni e perché in fondo, in questo contesto, non è importante conoscere un nome o vedere lo screen di un annuncio. E perché farò riferimento a due colloqui di lavoro che ho avuto negli scorsi giorni con persone (e modalità) molto diverse. In entrambi i casi, persone assolutamente sincere e trasparenti, quindi almeno per una volta, non posso parlare di annunci-truffa.

In un caso, ho rifiutato senza pensarci l'offerta di lavoro fatta, che consisteva in una collaborazione giornalistica che prevede un periodo di prova non retribuito di ben sei mesi. Circa 48 pezzi. Successivamente, articoli a 7€ lordi. Grazie tante, ma manco per il cazzo.
Nel secondo caso si trattava di un incontro conoscitivo e non ho davvero idea di come sia andato. Diciamo che mi crocifiggerei per i pollici pur di ricevere un riscontro positivo fra qualche mese, una convocazione, qualcosa insomma. Nel corso di entrambi i colloqui, ho parlato di questo blog (la faccia delle persone quando dico il nome è qualcosa di indescrivibile: delizioso. Sono orgogliosa di me) e di come la penso sul lavorare aggratis. Ho avuto modo di confrontarmi con persone che si trovano anche dall'altra parte, pur avendo vissuto in prima persona lo stesso disagio che ho vissuto io. Insomma è come se, avendo subito un trauma, dovessero infliggerlo a loro volta. O non potessero farne a meno, costretti dalle circostanze.
Mi è stato spiegato che se le cose funzionano così nel mondo del giornalismo (ma il discorso può benissimo estendersi ad altri settori afflitti dalla carenza di risorse e dall'esubero di "manodopera" disponibile in cerca di collocazione) è perché non c'è mercato, non ci sono soldi. Non ci sono scappatoie. Le cose stanno così, i giornalisti sono troppi, i soldi a disposizione dei giornali pochi e dover spartire la torta in centodieci mila non aiuta.

Mi è venuta in mente, a questo punto, una frase che ho letto e mi è stata rivolta in più occasioni, da varie persone. Che mi ha fatta un po' incazzare, ma anche riflettere.

"Ma a voi, ve l'ha detto il medico che dovete fare i giornalisti? Magari gratis, rovinando la piazza ai colleghi? Siete troppi, andate a fare altro".

A me il medico ha detto solo che devo stare calma, sennò è ovvio che poi mi vengano i conati di vomito quando mi girano i coglioni. Ad ogni modo, farò mia questa frase e girerò la domanda agli editori e ai direttori dei grandi giornali (e non a quelli della piccola stampa indipendente, che sono un caso a parte e meriterebbero l'assunzione al cielo - essendo impensabile quella contrattuale) che non leggeranno mai questo post, lo so bene, ma chiederò lo stesso:

"Ma a voi, ve l'ha prescritto il medico di fondare o mantenere aperto un giornale senza soldi, cercando manovalanza a costo zero? Soldi non ce ne stanno: andate a fare altro".

domenica 15 gennaio 2012

"Uno stage serio, senza "fotocopie" o altre simili amenità..."


Sottotitolo: storia di un annuncio che piglia un po' per il culo. Ma solo un po'.

Premessa: ho una pessima memoria selettiva. Anzi, una memoria selettivamente pessima. Nel senso che è davvero per me difficile ricordare alcune cose - anche molto importanti, ad esempio: le capitali degli stati, l'ubicazione delle città italiane nelle rispettive regioni, i nomi delle persone (famose e non); e ancora, essere puntuale e vigile con alcune azioni abitudinarie tipo: mangiare, bere il caffè subito dopo averlo preparato, cambiare il rotolo della carta igienica quando termina, prendere l'ombrello quando piove o gli occhiali quando c'è il sole, guardare fuori dalla finestra per vedere se piove, fare gli auguri in occasione del compleanno altrui (anche se me lo annuncia facebook), mettere a frutto i buoni propositi diligentemente elencati in una lista, recuperare la lista dei buoni propositi posata chissà dove. E via discorrendo. In compenso, ho una memoria d'elefante in altri contesti. Ad esempio tendo a ricordare un volto anche per molto tempo, a riconoscere persone incrociate casualmente dopo anni. Credo sia memoria visiva: mi succede in effetti con tutto ciò che vedo. Perché questa lunga divagazione? Perché sto per raccontarvi una breve disavventura legata, come di consueto, agli annunci lavorativi un po' furbetti e ad alcuni collegamenti mnemonici e visivi che mi hanno permesso di esclamare, ancora una volta: ma vaffanculo.

Praticamente è andata così: vedo un annuncio su internet, per la precisione questo:




"Cerchiamo redattori per stage di tre mesi da inserire nella nostra redazione nell'area CINEMA per testate web e periodici distribuiti in edicola su tutto il territorio nazionale. Si richiede ottima capacit‡ di scrittura, grande passione e competenza nel settore cinema, buona comprensione della lingua inglese scritta e buona cultura generale. Non sono richieste precedenti esperienze nel settore, anche se costituirà titolo preferenziale averne. Se interessati, inviare curriculum vitae e articolo di prova (recensione film a piacere, anche già edita) al seguente indirizzo [...]"

E lì scatta il primo "campanello mnemonico". Questo annuncio l'ho già visto, sì, lo ricordo. Certo è difficile ricordare tutti gli annunci che vedo (per motivi di tempo e di egoismo, mi limito al settore comunicazione-giornalismo ma se potessi spazierei molto di più) considerando che ricevo almeno 5 mail al giorno da altrettanti siti di annunci. Ma ecco, la memoria visiva, la mia dote inaspettata esce fuori in tutto il suo splendore. E infatti, avevo già visto quell'annuncio probabilmente qualche ora prima, solo un po' diverso. Avevo salvato link, la versione furbo-punto-zero se vogliamo chiamarla così, nell'apposita tabella dei link che aggiorno scrupolosamente quasi ogni giorno. E trovo questo:




"Cerchiamo redattori per stage non retribuito da inserire nella nostra redazione nell'area LIFESTYLE per periodici distribuiti in edicola su tutto il territorio nazionale. Si richiede ottima capacità di scrittura, grande passione e competenza nel settore (ENOGASTRONOMIA, WELLNESS, FITNESS, MODA E SPETTACOLO), buona comprensione della lingua inglese scritta e buona cultura generale. Non sono richieste precedenti esperienze nel settore, anche se costituirà titolo preferenziale averne. Se interessati, inviare curriculum vitae e articolo di prova (su argomento a piacere, anche già edito, in uno dei settori sopra elencati) al seguente indirizzo [...]"

Mh. L'azienda è la stessa, cambia il settore di riferimento ed il piccolissimo, trascurabile dettaglio testuale, quel "non retribuito" che poi in fondo può voler dire tutto e niente (il linguaggio utilizzato negli annunci è un mondo a parte che guarda con derisione e disprezzo gli universi lontani della grammatica, della semantica e del buon senso, correndo spensierato sui verdi prati della fantasia; ne parlerò prossimamente in un post dedicato). Insomma, qui urge verificare. Dato che, una volta tanto, l'azienda esiste e ho quindi un incentivo per mandare una mail senza temere uno tsunami di spam (qui vi spiego perché), mi prendo di coraggio e mando una mail. Mi presento, allego gli articoli richiesti, allego il curriculum, saluto cordialmente (l'educazione prima di tutto).

Poco dopo arriva la risposta (e contestualmente le risate della sottoscritta, risate fino alle lacrime):

"Gentile Ornella,la ringrazio per averci contattato. Al momento, sono aperte solo due posizioni per stage in redazione. Qualora lei fosse interessata, il suo profilo e le sue competenze la renderebbero di certo una candidata idonea.
Non sarebbe uno stage finalizzato a un inserimento professionale ma potrebbe preludere a una successiva collaborazione esterna, oltre a garantirle un alto valore formativo (è uno stage serio, senza "fotocopie" o altre simili amenità...) e una presenza nel colophon di diverse testate distribuite in edicola a tiratura nazionale. Lo stage ha durata di tre mesi, non prevede rimborso spese, ma prevede una certa flessibilità, potendo scegliere se effettuarlo full time o part time, ed anche a distanza (in queste ultime due modalità la durata sarà di sei mesi). Se interessata, può contattarci in redazione [...]"

Mentre mi sbellico dalle risate per la risposta ricevuta però, il cervello si mette in moto nuovamente (con molte difficoltà, ben inteso) ed ecco che, con l'insistenza tipica dei disturbatori della domenica mattina, si mette a trillare alacremente il campanello mnemonico. Un altro, e nel giro di poche ore. Cerco di superare i limiti posti dai miei neuroni ed ecco che un'altra immagine si rivela con la forza di un'epifania: anche questa risposta, l'ho già letta prima. Si tratta del post di un altro blog dedicato al non-lavoro. La risposta è dannatamente uguale. Ctrl+c e poi ctrl+v il copiaincolla della presa per il culo. E menomale che non facevano fotocopie.



PS: giusto per la cronaca, la mia pacata risposta, che al momento non ha ricevuto repliche, è stata questa:

"Salve,
decisamente non mi interessa seguire uno stage senza rimborso spese e senza prospettive di inserimento e dal valore formativo talmente alto che si può effettuare anche a distanza, non sono interessata a candidarmi presso un'azienda che manda le stesse risposte preconfezionate a più persone (a prescindere dal loro livello) e che non legge bene nemmeno i curriculum. Perché sono certa che se avesse guardato bene, avrebbe notato che proprio sotto il mio nome-cognome-indirizzo-telefono c'è scritto "Il mio blog: http://b-lowjob.blogspot.com/ " e date le tematiche trattate ci avrebbe pensato due volte prima di rispondere, secondo me. Tengo a precisare che questa mia non deve essere interpretata come mail rancorosa colma di presunzione; io non credo di essere così brava e preparata e pronta da voler lavorare da subito con retribuzioni da capogiro. Semplicemente, ormai lo stage non è più per studenti e neolaureati alle prime armi (che a mio modesto avviso non dovrebbero essere considerati carne da macello solo perché non hanno la tanto agognata esperienza): è solo un comodo serbatoio di volontari per mandare avanti la baracca. E parlo ovviamente di tutte le aziende.
Buona furbizia, saluti".

E che peccato, ero pure una candidata idonea. Va be'.



giovedì 12 gennaio 2012

Chi la dura, la perde.




Hey gente, abbiamo ottenuto dei risultati! Prima di fare la ola, però, lasciate che vi racconti brevemente gli antefatti. Stappiamo dopo lo spumante.

C'è questo simpatico sito di annunci su internet, si chiama Lavori Creativi ed è dedicato a "tutti coloro che lavorano nella comunicazione in Italia". Si tratta di un sito ben strutturato, ordinato, gradevole, che ha uno spazio apposito per ogni necessità: i creativi possono inserire il portfolio, le aziende possono inserire annunci, c'è un forum ma soprattutto c'è - udite udite - la possibilità di feedback sugli annunci da parte dei lettori attraverso i commenti su facebook. Avete capito bene: ognuno poteva commentare l'annuncio attraverso il proprio account facebook e dire la propria. Ora, dato che la maggior parte degli annunci riguardava "stage non retribuiti" o "lavoro che non prevede retribuzione", annunci da parte di aziende non esistenti (ne parlo qui e qui) diramati accuratamente in tutte le città dell'intera penisola italica solo per riuscire ad ottenere furbamente quanti più indirizzi email e dati possibili; insomma, dato che lì ci si trovava a leggere un mucchio enorme di stronzate e difficilmente annunci validi, potrete immaginare il tenore delle risposte e dei commenti. C'era addirittura un certo personaggio, che ho ribattezzato "il Castigastronzi" che rispondeva in maniera creativa e coraggiosa a questi annunci-fuffa e scriveva, scriveva tantissimo e alla fine molti di noi andavano su quel sito anche per leggere i suoi commenti e farsi una risata, per consolazione.

E insomma, lo scorso 3 gennaio, appare sulla pagina facebook di LC uno status sibillino:

" Il sito è purtroppo irraggiungibile a causa di un attacco informatico che ha compromesso l'interno server. Stiamo lavorando per cercare di ripristinare la situazione al più presto ".



"Si tratterà della vendetta di un esperto informatico francamente stufo di vedere quegli annunci oppure gli archivi segreti di LC fanno più gola di quelli della casa bianca?" - penso io. Poi ci rifletto un attimo e dico: "Ma vuoi vedere che mo' scompariranno magicamente tutti i commenti insieme alla mascherina dei commenti di fb?". E infatti, casualmente, così è stato. Niente più commenti.

Gli utenti sono ovviamente felicissimi di tutto ciò e quindi il team di LC pazientemente e democraticamente si mette a spiegare cos'è successo:

"STOP COMMENTI
A malincuore il team di LavoriCreativi ha deciso di sospendere agli utenti la possibilità di commentaregli annunci del sito tramite Facebook ed eliminaremo tutti i commenti futuri che arriveranno sulla bacheca.

Questa scelta è dovuta ad alcune persone che ne hanno abusato, ad utenti con account fasulli e concorrenti che hanno lasciato commenti maleducati ed offensivi verso il sito e le aziende serie che lo usano solo per i propri interessi

Questi strumenti social erano stati introdotti per scambiare, come community,info sulle aziende e opinioni in modo professionale volte ad individuare la minoranza di offerte poco serie che entrano nel sito, affinchè la community stessa le isolasse.

Speravamo che i nostri continui sforzi e investimenti, per fornire un servizio gratuito e super partes, evidenziassero l’impegno ad aiutare chi cerca e offre lavoro. Non riteniamo di dover accettare insulti gratuiti sulla nostra stessa bacheca e sulle pagine del nostro stesso sito.

NON RISPONDETE A QUESTO POST, OGNI COMMENTO SARA' ELIMINATO."



Evviva evviva! Brindiamo gente, perché abbiamo ottenuto dei risultati: l'unico sito diverso dagli altri che offriva delle piccole ma concrete possibilità di difendersi ai poveri disgraziati in cerca di lavoro, ora è un sito come tutti gli altri! Vai col trenino.

PS: Ormai da alcuni giorni sto cercando di contare tutti i siti e le pagine che, se dovessero comportarsi come ha fatto LC - ossia offendersi quando ricevono insulti e togliere la possibilità di inserire i commenti - subirebbero di fatto un drastico calo di popolarità e si rivelerebbero clamorosamente anti-social. E perdo continuamente il conto, sono troppi.
PPS: Messaggio criptato (ma non troppo) per LC :



giovedì 5 gennaio 2012

La firma, un onore.





Ispirata da annunci di questo tipo (ma ce ne sono tanti altri: man mano che li trovo li metto qui, non temete: lo sputtanamento è democratico)

(Qui)

ho capito, finalmente, che firmare un proprio articolo è un onore. Cioè, se non ti pagano, ma almeno ti permettono di far sapere al mondo che sei stato tu, tu e nessun altro a dare un valore aggiunto al sito/blog di turno, se non ti pagano, ma nemmeno permettono che altri si prendano meriti che non hanno, c'è solo da ringraziare!

E basta con le menate da rompicazzo perfettina e un po' frustrata che si trova a leggere queste cose mentre va ingenuamente alla ricerca di lavoro su internet: insomma che importanza ha se esiste una figura, quella del ghost writer, che - ovviamente al di fuori delle nostre lande, per lo più - esiste, ha una sua consistenza di fronte al mondo e di fronte al fisco, è fatta di nomi e cognomi (perché il ghost writer non è un tesserato della P2, è una persona che per lavoro scrive testi che altri utilizzeranno e non deve nascondersi, non ruba e non fa nulla di male) ed appartiene ad una realtà fatta di stipendi, anche? Non importa. Qui non si viene pagati ma la strada per la gloria è lì, ci aspetta a braccia aperte e dita medie sollevate. Su questo ci metto la firma. E anche sul mio blog.



Ornella Balsamo