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Ed eccomi nuovamente qui, una quantità indefinita di chili più grassa e quasi tre anni più vecchia, a mettere mano a un blog negletto, obsoleto e inutile nel tentativo di ricordare quale sia il modo giusto di pigiare le dita sulla tastiera per farne scaturire qualcosa di interessante.
Nulla.
In queste due righe pregne di silenzio hanno preso corpo una quantità di ricordi, per lo più spiacevoli, delle cose avvenute e fatte nel lasso di tempo che intercorre dall'ultimo post pubblicato qui nel 2014, di quando cioè sono caduta, a questo esatto momento. dopo aver realizzato di non essere riuscita ad alzarmi granché bene. Non starò a dirvi che ho fatto TANTISSIME COSE e visto migliaia di volti e girato il mondo perché non è così, anzi è dannatamente il contrario.
L'ultima volta che ho scritto mi trovavo in un periodo buio e mesto e vuoto e si sa, nel vuoto si annidano i mali peggiori, guai a lasciare spazio vacante nella mente e nel cuore perché verrebbe subito occupato da quanto di peggio si possa pensare e provare. A questo periodo buio e mesto e vuoto è seguito un periodo strano, frustrante ma a suo modo pieno e si sa, il riempimento non è altro che un vano tentativo di saziare la fame rabbiosa dell'abisso con temporanei sacrifici. E a quel periodo strano, frustante ma pieno è succeduto un periodo ancora più buio, più mesto e più vuoto e così via, e quella ruota scassata di un carretto privo di direzione che è la mia vita è andata avanti fino a oggi in un eterno ritorno di cose, parole, delusioni e sofferenze inflitte a me e agli altri e con un continuo taglia e cuci in cui io sono stata il filo indisciplinato che scappa dalla cruna e passa con irregolarità da un lato all'altro per tenere insieme in maniera maldestra tante pezzuole sgualcite a formare un curioso patchwork dalla forma indefinita, ovvero i tanti casini che combino.
In tutto questo ci sono andate di mezzo tante cose, anche la mia permanenza nel cuore pulsante dell'Italia che lavora e produce; le pochissime certezze accumulate faticosamente nel corso del tempo su "come va il mondo" sono tutte andate a sparire da qualche parte, forse in quello stesso abisso ingordo di ricordi e cose che tanto apprezza i sacrifici.
In tutto questo ci sono andate di mezzo tante cose, anche la mia permanenza nel cuore pulsante dell'Italia che lavora e produce; le pochissime certezze accumulate faticosamente nel corso del tempo su "come va il mondo" sono tutte andate a sparire da qualche parte, forse in quello stesso abisso ingordo di ricordi e cose che tanto apprezza i sacrifici.
Tornare nella mia città è stato difficile, è stato triste, è stato faticoso, ma soprattutto è stato strano. Ogni cosa era al suo posto ma sembrava diversa. Le piazze, i locali, la cameretta a casa dei miei, ogni singolo punto di riferimento che fino a pochi anni fa ero abituata a vedere e ritrovare, era tutto ancora lì, ma non sembrava lo stesso. Come se qualcuno ne avesse fatto una copia identica, ma più sbiadita e totalmente priva di tutti i ricordi assorbiti nel tempo, per poi metterla lì, come se nulla fosse.
Ogni tanto mi sento proprio come questi oggetti rimessi a posto ma privi di una parte fondamentale di sé, lasciata indietro chissà dove.
Ma le persone non sono oggetti e vengono in qualche modo costrette a scegliere la vita, scegliere un lavoro, una carriera eccetera (troppo facile giocarsela con Trainspotting, lo so che non sono più gli anni Novanta) o forse è quello che normalmente si fa in alternativa al sentirsi costantemente assillati da dubbi e interrogativi su quale sia il proprio posto nel mondo e su cosa si debba fare, e programmare, e trovare soluzioni a problemi dalla natura ignota, e avere la sensazione di aver sbagliato OGNI-SINGOLA-COSA a partire dall'asilo nido sino a questo preciso istante in cui ho premuto il tasto per pubblicare queste frasi sconnesse senza nemmeno arrivare al punto, ossia la trascrizione approssimativa di pensieri ansiogeni e paranoici relativi alla totale assenza di un punto di riferimento o centro gravitazionale a partire dal quale costruire qualcosa e riempire quel vuoto prima che lui riempia me.
Ogni tanto mi sento proprio come questi oggetti rimessi a posto ma privi di una parte fondamentale di sé, lasciata indietro chissà dove.
Ma le persone non sono oggetti e vengono in qualche modo costrette a scegliere la vita, scegliere un lavoro, una carriera eccetera (troppo facile giocarsela con Trainspotting, lo so che non sono più gli anni Novanta) o forse è quello che normalmente si fa in alternativa al sentirsi costantemente assillati da dubbi e interrogativi su quale sia il proprio posto nel mondo e su cosa si debba fare, e programmare, e trovare soluzioni a problemi dalla natura ignota, e avere la sensazione di aver sbagliato OGNI-SINGOLA-COSA a partire dall'asilo nido sino a questo preciso istante in cui ho premuto il tasto per pubblicare queste frasi sconnesse senza nemmeno arrivare al punto, ossia la trascrizione approssimativa di pensieri ansiogeni e paranoici relativi alla totale assenza di un punto di riferimento o centro gravitazionale a partire dal quale costruire qualcosa e riempire quel vuoto prima che lui riempia me.